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Farfalle nello stomaco? Non è solo una metafora. Studio italiano

Coordinato dalla Sapienza e dall'IIT Neuroscience and Society

“Ho le farfalle nello stomaco” non è solo una metafora. Un nuovo studio interamente italiano pubblicato su iScience ha rilevato come la consapevolezza di avere un corpo e risiedere all’interno di esso, sia una sensazione fortemente correlata a parametri fisiologici del nostro corpo come temperatura, pressione arteriosa e acidità dello stomaco e dell’intestino. Lo studio è stato sviluppato nei laboratori del Dipartimento di Psicologia della Sapienza in collaborazione con il laboratorio Neuroscience and Society del centro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma, CLN2S@Sapienza. La ricerca ha evidenziato che gli organi più profondi del nostro corpo, come quelli appartenenti al tratto gastro intestinale, sono gli unici in grado, attraverso segnali mandati ai nervi periferici, di captare sempre tutto ciò che ci circonda. “Il problema – afferma Salvatore Maria Aglioti, Professore alla Sapienza e Ricercatore Senior presso IIT – è che una cosa è studiare il ruolo dell’attività cardiaca o respiratoria nella consapevolezza corporea, come abbiamo fatto in precedenza, una cosa è studiare l’attività del tratto gastrointestinale. Stomaco e intestino sono organi profondi e contorti, che normalmente vengono indagati per mezzo di sonde molto invasive: chiunque abbia fatto una gastroscopia o una colonscopia lo sa per esperienza”. Per superare questo ostacolo, i ricercatori e le ricercatrici hanno esplorato il collegamento tra stomaco, intestino e percezione del proprio corpo per mezzo di una tecnologia altamente progredita e mai impiegata prima nel campo delle neuroscienze cognitive: le pillole furbe, dotate di un termometro, un manometro e un sensore di acidità miniaturizzati e ingerite come normali compresse. Attraverso questi dispositivi sono stati in grado di registrare a intervalli regolari, temperatura, pressione e acidità gastrointestinale. I dati una volta raccolti venivano trasmessi a una ricetrasmittente esterna, il tutto collegato senza fili. Per capire se veramente ci fosse una correlazione tra lo stato fisiologico dell’apparato gastrointestinale e la consapevolezza del proprio corpo, i partecipanti dovevano ingerire una di queste pillole intelligenti e mediante un visore 3D osservare un corpo virtuale. Questo avatar poteva presentarsi in due situazioni differenti: la prima in cui tale personaggio aveva un aspetto simile al paziente, si trovava nella sua stessa posizione e respirava come lui; la seconda situazione in cui il personaggio era differente dal partecipante. Alla fine di questa esperienza il paziente doveva descrivere quanto si sentiva “incorporato” al corpo virtuale appena mostrato. Tale procedura doveva essere ripetuta tre volte, a seconda della posizione della pillola furba: la prima in prossimità dello stomaco, la seconda dell’intestino tenue e l’ultima nell’intestino crasso.

Fonte: askanews.it

Ortopedici SIOT: “Fondamentale la diagnosi precoce”

Nel nostro Paese le fratture da fragilità colpiscono 1 donna su tre e 1 uomo su cinque tra gli over 50enni e, sebbene siano più frequenti tra le persone anziane, si stima che il 20% delle fratture avvenga in età di prepensionamento, come attestano le recenti Linee Guida “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle Fratture da Fragilità” dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con SIOT e altre Società scientifiche.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT ribadisce l’importanza della diagnosi precoce per il trattamento dell’osteoporosi e raccomanda visite specialistiche alle donne over 50 e agli uomini dai 65 anni in su per valutare lo stato della propria salute ossea e prevenire la comparsa di fratture.

Come emerge nelle Linee Guida, è stato stimato che le fratture da fragilità siano responsabili di più di 9 milioni di fratture ogni anno in tutto il mondo. Nel 2017, sempre secondo i dati, sono state stimate a livello mondiale 2,7 milioni di nuove fratture da fragilità, equivalenti a 7.332 fratture al giorno, 305 all’ora. Nelle donne si è verificato quasi il doppio delle fratture (66%) e, in generale, le fratture del femore prossimale (collo del femore), delle vertebre e del polso/omero prossimale (spalla) hanno rappresentato rispettivamente il 19,6%, 15,5% e 17,9% di tutte le fratture.

“L’identificazione della fragilità scheletrica – spiega Alberto Momoli, Presidente SIOT e Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale San Bortolo, Vicenza – è fondamentale per identificare il rischio di frattura del soggetto e applicare interventi terapeutici mirati e prevenire il peggioramento del quadro clinico. Per una valutazione del rischio di fragilità è fondamentale un’accurata anamnesi del paziente utile a identificare ulteriori fattori compromettenti la salute delle ossa: terapie farmacologiche o ulteriori patologie, possono compromettere la resistenza scheletrica peggiorando la fragilità dell’osso con inevitabile aumento del rischio di frattura”. Se la protezione della salute delle ossa inizia sin dall’infanzia con una corretta alimentazione, ricca di calcio e vitamina D e uno stile di vita attivo che comprenda un’adeguata attività fisica, le stesse indicazioni valgono anche da adulti: mantenere una buona densità ossea e prevenire il rischio di fratture soprattutto nell’età considerata più a rischio, in menopausa e post menopausa per le donne e senile per gli uomini. In tarda età un giusto movimento, uno sport aerobico leggero e un allenamento propriocettivo, insieme ad una corretta alimentazione possono intervenire a beneficio della perdita di forza muscolare, ridotta coordinazione dei movimenti e inevitabile rischio di caduta. In Italia, secondo le Linee Guida si stima che la prevalenza dei soggetti con osteoporosi ultra 50enni corrisponda al 23,1% nelle donne – il cui numero è aumentato del 14.3% dal 2010 al 2020 – e al 7,0% negli uomini. “Una corretta valutazione della fragilità ossea attraverso specifici esami del sangue e la mineralometria ossea computerizzata, MOC – prosegue Alberto Momoli – permette quindi di identificare precocemente i soggetti ad alto rischio di sviluppare esiti negativi, consentendo l’implementazione tempestiva di contromisure preventive/terapeutiche. Inoltre, ci sono diverse condizioni, come quelle infiammatorie o il trattamento con farmaci glucocorticoidi, che risultano essere molto importanti nella valutazione della fragilità ossea, in quanto riducono la forza ossea e aumentano il rischio di frattura. Riguardo al trattamento, esistono diverse opzioni terapeutiche efficaci che possono variare a seconda della gravità del caso, dei fattori di rischio e della presenza di altre patologie. È importante rivolgersi sempre a uno specialista, che saprà indicare il trattamento più adatto per ogni singolo individuo”.


Fonte: askanews.it

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